IL PALAZZO COME NON LO AVETE MAI VISTO

LE ORIGINI

Palazzo Pallavicini affonda le sue radici nel Quattrocento bolognese, quando sotto la dominazione dei Bentivoglio era di proprietà dei Sala (1493) e passò poi nel tempo ai Volta, ai Marsili e ai conti Isolani, che nel 1680 lo fecero ristrutturare “nei modi dell’architettura senatoria” (cfr. Guidicini).
Affidarono l’incarico all’architetto Paolo Canali, che progettò e realizzò lo scalone monumentale ed il salone con soffitto a lanterna, il più alto della città insieme a quello di Palazzo Ranuzzi, mentre nel 1690 le sale vennero fastosamente decorate dai dipinti di Giovanni Antonio Burrini.

scalinata palazzo pallavicini

L'ARRIVO DEL MARESCIALLO CONTE PALLAVICINI

Il palazzo fu poi scelto come abitazione per il suo prestigio dal maresciallo Gian Luca Pallavicini (Genova, 1697-1773), condottiero e ministro dell’impero di Carlo VI d’Asburgo e di sua figlia, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, madre della Maria Antonietta regina di Francia decapitata durante la Rivoluzione Francese. 
Il conte era arrivato in Emilia a metà ‘700, era in cerca di uno scenario dove rinnovare i fasti dei suoi anni a Palazzo Reale come Viceré di Milano e l’occasione arrivò nel 1765, quando il senatore Ferdinando Bolognetti, al tempo proprietario del palazzo di via San Felice, partì per Roma e lo mise in affitto.
Col Pallavicini, l’edificio diventò la sede di una corte europea, offrendo uno scenario degno di una reggia: il genovese vi intrecciò rapporti con la diplomazia internazionale, imbandì feste e banchetti, organizzò concerti, ospitò teste coronate e memorabile fu il corteo che si svolse lungo lo scalone nel 1764 in occasione dell’“Entrata del Gonfalonierato” del senator Davia, “Pari di Scozia” e Gentiluomo di Camera del Duca di Modena, quando i più notabili del tempo ascesero la scala monumentale tra fiaccole e musiche per celebrare il Senatore, offrendo uno spettacolo senza pari per la città.

MOZART A PALAZZO

Fu nel salone del Burrini illuminato a festa che la sera del 26 marzo 1770 il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart, ospite con il padre del Maresciallo Conte, si esibì alla presenza di settanta dame cittadine e dell’alta aristocrazia europea: ospiti anch’essi del Pallavicini, il conte Giuseppe di Kaunitz Rittberg e i principi di Holstein e di Saxen Gotha assistettero al concerto insieme alla nobiltà bolognese e alle autorità religiose: l’arcivescovo Vincenzo Malvezzi, il cardinal legato Antonio Colonna Branciforte e monsignor Ignazio Boncompagni Ludovisi. Orgoglioso della serata, il 28 marzo il conte scriveva al ministro Firmian, raccontandogli l’avvenimento: “Si tenne a questo fine Lunedì sera in mia casa una conversazione di 70 dame alla quale intervennero il Sig.e Cardinale Legato, i Sig.ri Principi di Holstein, e quasi tutta la nobiltà, e il giovane professore vi diede prove così ammirabili del suo sapere, che nella tenera sua età sembrerebbero incredibili a chi non le vede…”.
Il salisburghese era arrivato con il padre Leopold il 24 marzo, e Gian Luca, fine intenditore, non se lo era lasciato scappare. I Mozart furono suoi ospiti a più riprese: in marzo in via San Felice, durante l’estate nella villa della Croce del Biacco e di nuovo, in autunno, nel palazzo di città dove videro la luce le antifone Cibavit eos, Quaerite primum regnum Dei e con ogni probabilità il minuetto in Mi Bemolle Maggiore K 94.
A palazzo il salisburghese incontrò i protagonisti della musica europea: Misliveček, Vanhalle, Farinelli, il musicologo Charles Burney (“Incontrai il celebre piccolo tedesco…nel palazzo del principe Pallavicini”) e specialmente padre Martini, ed il suo soggiorno in via San Felice rinnovò il gusto musicale in città. “Dal Pallavicino…nel terrazzo c’erano molti suonatori che facevano deliziose sinfonie”(M.Oretti).

UNA CORTE EUROPEA NEL CUORE DI BOLOGNA

Nelle sale della residenza Pallavicini furono scritte pagine di storia internazionale e allacciate importanti relazioni diplomatiche. Qui si avvicendarono i protagonisti della politica del tempo: nel 1768 passò per Bologna la giovane principessa Maria Carolina d’Asburgo, scortata a Napoli dal maresciallo per incontrare Ferdinando di Borbone, suo futuro sposo. Ospiti del maresciallo furono il granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena con la moglie Maria Luisa di Borbone Spagna e nel 1769 l’imperatore d’Austria Giuseppe II. In viaggio verso Roma per i suoi contatti con la Santa Sede, l’imperatore alloggiò in via San Felice il 13 e il 14 marzo 1769, intrattenuto con concerti da camera da Giuseppe, figlio di Gian Luca, di nuovo al cembalo nel 1771 per un ’”divertimento” in musica per i principi di Holstein e di Saxen Gotha.
Amico dei Pallavicini, anche il celebre Farinelli allietava le serate degli illustri ospiti ed ogni volta il palazzo diventava il teatro di festeggiamenti degni di una corte europea. Memorabile, nel 1775, la corsa dei “cavalli barbari” organizzata lungo via San Felice per l’arrivo dell’arciduca Massimiliano.
Anche l’alloggiamento di un reggimento austriaco in Via del Pratello, la servitù tedesca, i cavalli lipizzani acquistati per il contino Giuseppe testimoniano il respiro internazionale del palazzo, così come le sue decorazioni. Unico al mondo l’affresco con L’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo come Cibele Madre di tutti i popoli dipinto sul soffitto di una sala al piano nobile tra il 1791 e il 1792 dal bolognese Pietro Fabbri: un’opera straordinaria, assente in Austria o nei territori dell’impero ma presente eccezionalmente a Bologna, dipinto non a caso nell’anno in cui la figlia Maria Antonietta languiva nella prigione del Tempio a Parigi.

GLI ANNI DI GIUSEPPE PALLAVICINI

Raggiunta la maggiore età e divenuto proprietario dell’edificio, Giuseppe Pallavicini (1756-1818) indisse nuovi cantieri, documentati nel dettaglio grazie alle numerose carte dell’archivio di famiglia. Il giovane conte aveva ricevuto un’istruzione degna di un sovrano. Come insegnante aveva avuto Carlo Bianconi, in contatto con l’Algarotti e con Giovanni Gioachino Winckelmann: la passione per l’antichità gli era entrata nel sangue. Decise, perciò, di trasformare il palazzo di via San Felice in un cantiere del neoclassicismo d’avanguardia, di altissimo livello. L’occasione arrivò nel 1776, quando si cominciò a parlare di matrimonio con Carlotta Fibbia. Coinvolse così i protagonisti della civiltà artistica del suo tempo: l’architetto Raimondo Compagnini, lo scultore Giacomo Rossi, il quadraturista David Zanotti, e, tra gli altri, i figuristi Filippo Pedrini e Giuseppe Antonio Valliani. Senza paragoni, quanto a estensione, le decorazioni in stucco distese da Giacomo Rossi sulle pareti delle grandi sale del “Camerone” e dei “Conviti”, con un repertorio di candelabre à la greque. Anche la decorazione pittorica impegnò una squadra di artisti rilevante, tra cui Giuseppe Antonio Valliani ed i figuristi Emilio Manfredi e Francesco Sardelli, i cui lavori testimoniano il gusto per l’antico che si ripete nelle varie sale. Rilevante la presenza del pittore bolognese Filippo Pedrini, autore di due soffitti ambientati nei paesaggi di Vincenzo Martinelli: un omaggio alle origini mercantili dei Pallavicini. Serafino Barozzi dipinse invece le ghirlande fiorite che si arrampicano lungo le pareti della sala dei “Conviti”, ripetendo a Bologna le ornamentazioni eseguite nella reggia estiva dell’Oranienbaum per Caterina di Russia. Il percorso nei cantieri neoclassici di Palazzo Pallavicini proseguì poi con la biblioteca, destinata ai diciottomila volumi del conte Gian Luca, dove ancora una volta incontriamo un unicum nella pittura bolognese, poiché l’autore della biblioteca, il quadraturista Flaminio Minozzi, firmò e datò “1792” la cupola della sala, evento raro nella storia dell’arte per un affresco.